Redemption song

Redemption song_foto Domenico Ausilio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

progetto
- - - - > I N  M O V I M E N T O
Iª mossa:

«REDEMPTION SONG»

di e con Silvia Cattoi e Juri Piroddi
e con la partecipazione di Yamina Piroddi

voce off  Naima
collaborazione  Sergio Cadeddu
costumi  Franca Pischedda

video  Andrea Anglani (qui sotto)

vedi anche:  http://vimeo.com/29672502 (4 min. 15 sec.)

testi liberamente ispirati a
Chuck Palahniuk, Tom Stoppard, Friedrich Nietzsche, José Saramago, Samuel Beckett, Albert Cohen, Aldo Nove, Ivan Viripaev, Nuovo Testamento

colonna sonora
Animals, Herbie Mann, Joe Strummer & The Mescaleros, Donald Byrd, Toots & The Maytals

foto  Domenico Ausilio, Pietro Basoccu, Matteo Cristo, Alberto Lamperti

ringraziamo Daniela, Sergio, Monica, Mariella, Domenico, Solange e François per l'aiuto ed il supporto.
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In principio c’era un’idea. C’era la voglia di parlare di Dio [sic].
Che cosa è questo Dio? Cosa cerchiamo in questo Padre che si è dimenticato di noi, ma di cui tutti sembrano non dimenticarsi mai?
Cosa cerchiamo in questo esser-ci, in questo mondo, in questa vita che è nostra, ma non ci appartiene mai fino in fondo?
Da dove vengono i nostri figli, cos’è questo qualcosa che non ha nome eppure c’è, e una volta almeno lo abbiamo toccato con le dita della nostra anima? Cos’è che chiamiamo anima?
Che cosa inseguiamo?
Le nostre domande vagano affannose e senza risposta in una terra abbandonata dal suo cielo. L’indifferenza della terra: una terra che ogni istante ribadisce l’estraneità dell’evento umano che essa ospita a sua insaputa e a cui invia solo messaggi di insignificanza.
[...] Vediamo dei microfoni.
Vediamo attori-marionette (do you remember Takeshi Kitano’s Dolls?).
Sentiamo delle gocce di sudore acido che cadono.
Sentiamo grida di gioia. E grida di dolore. Molta, molta sofferente ironia.
E poi una colonna sonora da brivido. Musica a palla per danzare l’impossibilità di
trovare, oggi, un senso. “Il nostro cuore è come un uccello rinchiuso in una gabbia – ci raccontano i Sufi – quando tu balli il cuore canta. E poi sale in cielo”.

Silvia Cattoi, Juri Piroddi - 2011

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Recensione di “Redemption song” scritta dal regista-sceneggiatore Gianni Cardillo in occasione della presentazione dello spettacolo a Bologna il 21 giugno 2012 nell’ambito del Festival “PerAspera-drammaturgie possibili”.

«Redemption song è uno spettacolo Pop, un Pop lontano da quello trendy e modaiolo usato da alcune compagnie che vanno per la maggiore nei circuiti intellettuali radical chic. Questo è un frullato Pop di estrema apparente semplicità e raffinatissima nascosta complessità. Un Pop che unisce Raffaella Carrà a Chuck Palaniuk, gli imbonitori e i telepredicatori di guzzantiana memoria e il teatro fisico barbiano e grotowskiano. Un Pop in cui, anche laddove alcuni riferimenti restano troppo sottili per essere colti, l’immaginario evoca qualcosa di sepolto nel nostro inconscio di esseri umani. Un Pop onnivoro come lo era quello di Andy Warhol. 

Lo spettacolo è una partitura fisica tanto dispendiosa quanto apparentemente semplice in cui Silvia Cattoi e Juri Piroddi mettono in campo l'ossessività del nostro quotidiano stilizzandola in movimenti simili a quelli di una catena di montaggio, forse a voler stigmatizzare quanto a questo si riduca il nostro quotidiano che vorremmo carico di sorprese e imprevisti, ma che poi preferiamo si conservi nella sua monotona immutabilità. Incapaci, tutti noi, di rendere concreto il principio filosofico orientale secondo cui un problema non è altro che un'opportunità.

La dispendiosità fisica di questa partitura (che evoca lo 'spreco' di barbiana memoria) si risolve laddove all’azione del corpo si unisce l’eloquente inespressività dei visi, contratti in maschere di carne, maschere sociali che impediscono di vedere il dolore dell'anima. Allora si resta ipnotizzati da questa partitura mai sterilmente filosofica, che ci fa sorridere con tanta amarezza mentre si interroga con profonda ironia sulle strade che l'essere umano può prendere per redimersi.

Già, ma redimersi da cosa? Dalle proprie colpe? Dalla propria superficialità? Dal proprio allontanamento dagli dei e dal trascendente in favore della materialità?

Forse la vera redenzione che cerchiamo, ci fa notare la compagnia Rossolevante, è quella relativa a una perdita, la perdita del tempo presente, la perdita del bambino che eravamo e che, se non lo lasciassimo confinato nel nostro inconscio la mattina al risveglio, saremmo ancora ogni giorno. Una perdita grave per la quale dobbiamo espiare e, per tornare a essere in pace, redenti, dobbiamo lasciare la regia della nostra vita proprio al bambino che ci portiamo dentro, senza più soffocarlo sotto strati di pensiero debole, senza più castrarlo, senza più marginalizzarlo.

Un bambino che, anche e soprattutto nella lieve presenza direttiva della piccola Yamina e nella voce bellissima e straniante della piccolissima Naima, sembra il Gesù di Saramago che nel suo Vangelo secondo Gesù si rivolge ai propri aguzzini e, riferendosi al proprio padre celeste, chiede loro: "Perdonatelo, non sa quello che sta facendo".

Redemption song sembra dirci questo: perdoniamoci, ma non senza esserci fatti consapevolmente carico delle nostre responsabilità, se non altro per non ripetere la Storia fatta di atrocità, errori e orrori di cui forse il più macroscopico è quello di aver creato un Dio fuori di noi invece di venerare il bambino che è in noi».